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356 nota

una prima redazione. Un’altra, notevolmente diversa, ci è data dallo stesso ms. in fine al Commento; poiché in L e in P8 alle parole con cui termina la prosa del Magnifico: «sempre erono con la donna mia», tien dietro il sonetto in discussione, di cui manca il commento. E la stessa duplice redazione hanno i codd. P3 (nn. 90 e 103), P5 (nn. 74 e 84) ed L4 (nn. 109 e 126). Fu il sonetto modificato dal Magnifico pei fini del suo Commento tutto platonico? Non abbiamo elementi da poter rispondere. Certo è che il maggior numero dei mss. e i piú autorevoli hanno il testo da noi seguito, cioè R5, Mrc., Col., L R, Nap., Par.1; soltanto Barb., L2 e V2 leggono in questo modo:

     Qual maraviglia, se ognor piú s’accende
quel gentil foco in cui dolcemente ardo?
Se mille volte quel bel viso guardo,
mille nuove bellezze agli occhi rende.
     Il cor, cui beltá nuova ognor discende,
si maraviglia e duol del fral1 mio sguardo
che sia a tanto ben conoscer tardo,
e come o cieco2 o pigro lo riprende.
     Piangon gli occhi accusati; Amor li vede
e scusandoli allora al cor favella
da’ pietosi3 occhi della donna mia:
     — Infinito è il valore onde procede
agli occhi tuoi bellezza4 ognor novella:
l’occhio è finito; il foco eterno fia.

Pur del Magnifico sono, senza alcun dubbio, per l’autoritá di tutti gli altri mss., i son.: «Lasso, che giá cinque anni ha corso il sole»; e «Quei begli occhi leggiadri che Amor fanno» che L2 e L4 attribuiscono al primogenito di Lorenzo, Piero de’ Medici5. I son. CV, CVI e CVII della presente edizione ho lasciati imperfetti, come giá nell’aldina e nell’ediz. di Bergamo; poiché il v. 6 del primo manca in tutti i codici, ed è supplito in margine soltanto da P4; le lacune del secondo e del terzo furono arbitrariamente colmate dagli editori della Granducale!


  1. Barb. del fer.
  2. L, Barb. come cieco.
  3. L, V2 piatosi.
  4. Barb. dolcezza.
  5. L2 ci dá anzi due uguali redazioni del sonetto, la prima tra le rime di Lorenzo, la seconda tra quelle di Piero.