Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/360

354 nota


Ognuno comprende come sia difficile stabilire su questi dati, con un numero esiguo di mss., un «albero genealogico»; tuttavia crediamo che le nostre ricerche ci permettano di tracciarlo in questo modo:

Aut.
R4
x
V1y
V2
                         L   P8          Ed. ald.

Da esso si traggono chiaramente i criteri che mi hanno guidato nella scelta della lezione.

III. Rime. Ventidue manoscritti, a lasciar da parte M4, che contiene soltanto due sonetti, e Ferr., che ne contiene uno solo, ci hanno tramandato le rime petrarcheggianti del Magnifico (sonetti, canzoni, sestine); né di essi e possibile fare una classificazione soddisfacente, che permetta di stabilire il loro grado di parentela. Basterá qui accennare ai principali risultamenti de’ miei studi, da cui appariranno i criteri seguíti nel testo:

1. Per bontá di lezione, antichitá e compiutezza un gruppo di mss. emerge su tutti gli altri. A questo gruppo appartengono: P4, P5, Mrc., Nap., V2, L, L4, L R, Col. Dei mss. palatini sembra capostipite P5, che contiene, insieme con L4, il maggior numero di componimenti; e fondamentale importanza ha, perché scritto in Firenze quattro anni dopo la morte del Magnifico e da un suo segretario, il Mrc. Che se, per via di raffronti e di studi compara-


    scendo né il cod. Riccardiano né i due Vaticani, avrebbero potuto valersi piú sicuramente, se usata con oculatezza, dell’ediz. aldina, che è, come vedemmo, copia di V2, ed anche del cod. Laurenziano, che, per quanto affine al Pal., ci dá una lezione vergine di recenti ritocchi. Poiché, come spesso nelle tarde copie notiamo una mano correttrice ed adattatrice, che ha voluto d’arbitrio correggere gli errori, sciogliere le difficolta, adattare la grafia del codice, e talvolta non essa soltanto, ai gusti e alle usanze del proprio secolo, cosí sentiamo nel Pal. l’opera di chi ha voluto scientemente, oltre a tôrre difficoltá e riempire lacune, dare alla prosa rude, a scatti di Lorenzo de’ Medici, la compostezza solenne e togata della prosa del Cinquecento.