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ix - la caccia col falcone | 23 |
8
Io ebbi pure un poco del cucciotto
ad uscire staman per tempo fuori:
ché s’io mi stavo, come il Birria, sotto,
facea per me e per gli uccellatori
che si saria meglio ordinato e cotto,
e la tovaglia coperta di fiori:
meglio è straccar la coltrice e ’l piumaccio
che il cavallo, e guastar l’uccello in braccio.
9
Intanto vuol lo sparviere impugnare,
ma gli è sí rotto che non può far l’erta,
perché i frascon cominciano a cascare,
e da l’un lato pendea la coverta;
pur Dionigi il voleva aiutare,
ma, rassettando la manica aperta,
le man ghermilli; e lui sotto sel caccia,
saltolli addosso, e fenne una cofaccia.
10
— Dov’è ’l Corona? Ov’è Giovan Simone? —
dimanda Braccio — ov’è quel del gran naso? —
Braccio rispose: — A me varie cagione
fatto han ch’ognun di loro sia rimaso.
Non prese mai il Corona uno starnone,
se per disgrazia non l’ha preso o a caso:
se s’è lasciato adunque, non s’ingiuria;
menarlo seco è cattiva auguria. —
11
— Luigi Pulci ov’è, che non si sente? —
— Egli se n’andò dianzi in quel boschetto,
ché qualche fantasia ha per la mente:
vorrá fantasticar forse un sonetto;
guarti, Corona, che, se non si pente,
e’ barbottò staman molto nel letto,
e sentii ricordarli te, Corona,
ed a cacciarti in frottola o in canzona. —