Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/283


iv - la nencia da barberino 277

8

     La Nencia mia, che pare un perlino,
ella ne va la mattina alla chiesa.
Ell’ha la cotta pur di dommaschino,
e la gammurra di colore accesa,
e lo scheggiale ha tutto d’oro fino.
E poi si pone in terra alla distesa,
per esser lei veduta, e bene adorna;
quando ha udito messa, a casa torna.

9

     La Nencia a far covelle non ha pari,
d’andare al campo per durar fatica;
guadagna al filatoio di buon danari,
del tesser panni lani Die tel dica;
ciò ch’ella vede convien ch’ella impari,
e di brigare in casa ella è amica,
ed è piú tenerella che un ghiaccio,
morbida e dolce che pare un migliaccio.

10

     La m’ha sí concio e ’n modo governato,
che piú non posso maneggiar marrone;
ed hammi drento cosí avviluppato,
ch’io non posso inghiottir giá piú boccone;
e so’ come un graticcio diventato,
tanta pena mi dá e passione;
ed ho fatiche assai, e pur soppòrtole,
ché m’ha legato con cento ritortole.

11

     Io son sí pazzo della tua persona,
che tutta notte io vo traendo guai.
Pel parentado molto si ragiona;
ognun dice: — Vallera, tu l’arai. —
Pel vicinato molto si canzona,
che vo la notte intorno a’ tuo’ pagliai,
e sí mi caccio a cantare a ricisa:
tu se’ nel letto e scoppi delle risa.