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xvi - canti carnascialeschi | 251 |
viii
Canzona de’ sette pianeti.
Sette pianeti siam, che l’alte sede
lasciam per far del cielo in terra fede.
Da noi son tutti i beni e tutti i mali,
quel che v’affligge miseri, e vi giova;
ciò ch’agli uomini avviene, agli animali
e piante e pietre, convien da noi muova;
sforziam chi tenta contro a noi far pruova;
conduciam dolcemente chi ci crede.
Maninconici, miseri e sottili;
ricchi, onorati, buon prelati e gravi;
súbiti, impazienti, fèr, virili;
pomposi re, musici illustri, e savi;
astuti parlator, bugiardi e pravi;
ogni vil opra alfin da noi procede.
Venere graziosa, chiara e bella
muove nel core amore e gentilezza:
chi tocca il foco della dolce stella,
convien sempre arda dell’altrui bellezza:
fère, uccelli e pesci hanno dolcezza:
per questa il mondo rinnovar si vede.
Orsú! seguiam questa stella benigna,
o donne vaghe, o giovinetti adorni:
tutti vi chiama la bella Ciprigna
a spender lietamente i vostri giorni,
sanz’aspettare che ’l dolce tempo torni,
ché, come fugge un tratto, mai non riede.
Il dolce tempo ancor tutti c’invita
lasciare i pensier tristi e van dolori.
Mentre che dura questa brieve vita,
ciascun s’allegri, ciascun s’innamori;
contentisi chi può: ricchezze e onori
per chi non si contenta, invan si chiede.