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xvi - canti carnascialeschi 247

vi

Canzona delle forese.


     Lasse, in questo carnasciale
noi abbiam, donne, smarriti
tutt’a sei nostri mariti;
e sanz’essi stiam pur male.
     Di Narcetri noi siam tutte,
nostr’arte è l’esser forese;
noi cogliemo certe frutte
belle come dá il paese;
se c’è alcuna sí cortese,
c’insegni i mariti nostri;
questi frutti saran vostri,
che son dolci e non fan male.
     Cetriuoli abbiamo e grossi,
di fuor pur ronchiosi e strani;
paion quasi pien di cossi,
poi sono apritivi e sani;
e’ si piglion con duo mani:
di fuor lieva un po’ di buccia,
apri ben la bocca e succia;
chi s’avezza, e’ non fan male.
     Mellon c’è cogli altri insieme
quanto è una zucca grossa;
noi serbiam questi per seme,
perché assai nascer ne possa.
Fassi lor la lingua rossa,
l’alie e’ piè: e pare un drago
a vederlo e fiero e vago;
fa paura, non fa male.