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xv - canzoni a ballo | 195 |
iv
Non mi dolgo di te, né di me stessi,
ché so mi aiuteresti, stu potessi.
Dolgomi ben della fortuna mia,
che impedisce la tua e la mia voglia:
dolgomi dell’invidia e gelosia,
che di dolcezza tal mi priva e spoglia,
e della mia disgrazia, che par voglia
che tanta pena e tanto male avessi.
Dolgomi e dorrò sempre del sospetto,
quale interrompe i dolci pensier miei:
dolgomi, perché veggo n’hai dispetto,
ché so vorresti quel che anch’io vorrei.
Questo giamai pensato non arei,
che gelosia tanto mal mi facessi.
Sia maladetto chi mi to’ il mio bene
e chi guerra mi fa sanza cagione;
e la cagione onde tanto mal viene,
e chi ha tanta poca discrezione:
sia maladetto chi ci s’interpone,
e chi vorre’ che ’l mio mal non avessi.
Ma sí costante e fermo è il mio amore,
(e cosí di te credo, o donna bella),
che forza non ará pena o dolore
o gelosia, che dal mio cor divella
il ben ch’io t’ho voluto, o chiara stella:
ma tuo sarò, ché per signor t’elessi.
Donna, io ti priego che tu sia costante,
e lascia fare e dire, e tempo aspetta:
ché ancor sarai col tuo fedele amante,
sí come Amor vorrá, lieta e soletta:
di tanto strazio ancor vedrai vendetta,
se giá Morte i disegni non rompessi.