Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/190

184 xiv - simposio ovvero i beoni

     Quando il mondo arde al suon delle cicale,25
avevan loro, e stavano a sedere,
un braccio alzata l’acqua nelle sale.
     Eravi a galla assai piú d’un bicchiere:
e tristo a quel bicchier che a lor venía,
che si partiva scarico e leggére.30
     Ma restoron poi sí con villania,
che cagion tra lor fu di gran travaglio,
che un peto trasse un della compagnia.
     Al gorgogliar dell’acqua, a quel sonaglio,
fessi fortuna, onde certi bicchieri,35
periron, come fussin suti un vaglio.
     Rizzossi il Lupicin pronto e leggieri,
e disse a quel che li sedea dallato:
— Uom non se’ da star teco volentieri;
     se fussi un tale scandal perpetrato40
al tempo degli antichi padri cari,
che prezzo arebbe questo error pagato? —
     Ed egli a lui: — Alle tuo spese impari,
perché ci desti a desinar fagiuoli;
sgonfiar bisogna; or ferminsi i plettiari,45
     a trar la sete con tai bicchieruoli. —
Ma Benedetto Alberti s’interpone:
— D’un padre, disse, noi siam pur figliuoli;
     il babbo nostro è ’l vin che dá cagione,
che noi dobbiamo stare in piú quiete:50
Lionardo, io ti vo’ vincere a ragione.
     Se drento di buon vin bagnati siete,
col vin versato ci bagniam di fuori;
ché l’acqua schietta accoglie troppa sete. —
     Questo parlar compose i lor fervori.55
— Tutti ci hai consolati, Lupicino,
— Benedetto dicía, — tu m’innamori. —
     Poi, vòlto a drieto, ché gli era assai vicino,
disse: — Béi di mia man, ch’io di tua béo;
mai si fa buona pace sanza vino. — 60