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180 xiv - simposio ovvero i beoni

     Nell’arte nostra niun sí sottil punto,
è, che non l’abbino a perfezione:
per lunga sperienza v’hanno aggiunto.30
     E’ mi ricorda giá in disputazione
Bartol fe’ cheto star e ’l Belfradello,
quando gli dottorammo in collazione.
     Ve’ ser Agnol Bardin dolciato e bello,
il qual, per esser grasso, par suspinto;35
e l’uno e l’altro Tier ne vien con quello.
     — Colui che par di tanti pensier cinto
— diss’io al duca mio — dimmi chi sia,
c’ha il viso di verzin bagnato e tinto? —
     Rispose allor a me la scorta mia:40
— Né pensier ha, né quel vedi, è verzino:
ond’io non vo’ che in tanto error piú stia.
     Come al pane insalato il pecorino,
cosí il mio Arrigo al bere: e come ’l volto
giá è di vin, fia presto tutto vino.45
     — Chi è colui che non gli è drieto molto
con gran mascelle ed occhi di civetta,
che par che la mocceca l’abbi còlto?
     — Quel che tu di’, Baccio è di mona Betta:
se tu ’l vedessi a desco ben fornito,50
mocceca non parre’, sí ben s’assetta.
     Costui è ’l piú perfetto parassito
che noi abbiam, piú vero e naturale:
credo che allo spedal terre’ lo ’nvito.
     Certamente in quest’arte tanto vale,55
quanto alcun altro ch’io sappia o conosca.
Se quel che drieto gli è non l’ha per male.
     Botticel, la cui fama non è fosca,
Botticel dico, Botticello ingordo,
ch’è piú impronto e piú ghiotto ch’una mosca.60
     Oh di quante suo ciance mi ricordo!
S’egli è invitato a desinare o cena,
quel che l’invita non lo dice a sordo.