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CAPITOLO VI


     Come campana che a distesa suona,
poi c’ha finito di sonar, si sente
un pezzo il rimbombar, quand’ella è buona:
     cosí il parlar di Strozzo veramente
resta agli orecchi spaventati e sordi;5
tal che udir piú non potevam niente.
     Pur ci svegliò cosí tristi e balordi
dua colle labra secche ed assetate,
con un valletto; anzi tre ebri tordi.
     Disse il mio duca: — Non fu fido Acate10
al pio Enea, come il Pecoraccia
e Anton Vettori tutta sua etate.
     Sí volentier il can lepre non caccia,
come costui e beccafichi e starne;
ed ogni ben per empierlo procaccia.15
     Questo di detto Anton può fede farne;
le labra molle e sempre acqua alla bocca:
tanto il mangiar gli giova e ’l ragionarne!
     Se fortuna una trappola gli scocca
che ’l Pecoraccia manchi a questa coppia,20
resteran poi come una cosa sciocca.
     Non ti dico del ber, perch’ei raddoppia,
come tu sai, quanto altri piú divora:
adunque come gli altri questo alloppia.
     Chi sia ’l compagno suo nol dico ancora,25
perché son certo lo conosci a punto.
Mal per lui, se a conoscer l’avessi ora.