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CAPITOLO V
Come sparvier, ch’è posto in alto a getto
e vede sotto i can che cercon forte,
sta di volar a prescersi in assetto;
tal del mio duca appunto era la sorte,
aspettando al partir la mia parola,5
parendogli aver forse troppe scorte.
E disse a me: — Il tempo fugge e vola:
e colui non è preso a gnun lacciuolo,
che non è giunto e preso per la gola.
S’io t’ho a mostrare il resto dello stuolo,10
staremo tu ed io troppo a disagio;
né basterebbe a questo un giorno solo.
Ma io scorgo da lungi ser Nastagio,
che ti potrá mostrar lui questo resto:
ma, per farmi dispetto, e’ viene adagio.15
Deh! vienne, ser Nastagio, vienne presto! —
E lui, che intese ’l tratto, guarda e ride;
e disse: — O Bartol, che vorrá dir questo?
— Ser Nastagio, lo star qui piú m’uccide.
Deh! mostrate a costui di questa gente, — 20
e vanne via, come piú presso il vide.
Io fui per forza a questo paziente;
e dissi: — Ser Nastagio, i’ son qui nuovo;
e sanza voi son poco, anzi niente. —
Ed egli a me: — Nessuna cosa trovo25
che sia conforme piú a mia natura,
quanto se di piacere ad altri pruovo.