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capitolo iv 173

     E’ son fratelli, e poco non ti paia,
d’un padre, e cosí son fratelli al bere:65
dua ve n’è putte, e ’l terzo una ghiandaia.
     Quando son tutt’a tre a un tagliere,
non si fa alcun pregar, tanto è cortese,
e non bisogna molto proferére.
     Quel men grasso è messer Matteo Stiattese.70
Quel, che par che a fatica e’ si conduca,
è piú destro alla pruova che in palese:
     io ’l vidi giá uscir per una buca
quel messer Pagol grasso, ch’è secondo,
ch’a pena n’uscirebbe una festuca.75
     Se fussi ognun di lor sí sitibondo
d’acqua, com’e’ ne son crudel nimici,
credo che resterebbe in secco il mondo.
     Il terzo che tu vedi, ch’è giá quici,
pur di teologia ha qualche inizio,80
e dottorossi per mezzo d’amici,
     ed ha imparato che ’l maggior supplizio,
che avessi in terra il nostro Salvatore,
fu quando in sulla croce e’ disse: — Sitio; —
     e par che se gli scoppi ed apra il core,85
se predicando vien mai a quel passo
che mette se medesmo in quel dolore.
     Se come e’ mangia e bee e come è grasso
e’ fussi dotto, niun santo Agostino
s’allegherebbe, o chi insanguinò il sasso.90
     Egli ha studiato in greco ed in latino
tanto, che sa che ’l grasso di vitella
allarga il petto, e beelo come il vino.
     Benché sudin fra questa brigatella,
io ti so dir ch’egli hanno a rasciugarsi;95
né ’l posson far con una metedella.
     Il cammin gli ha soffregati e riarsi,
ma sanno ch’egli è buona medicina
a questo mal, de’ bicchieri appiccarsi.
     Lasciali andar colla virtú divina. — 100