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capitolo ii 171

     Ond’io: — O Bartolin, riguardiam presto:
dimmi chi è costui e di qual gente,65
a cui par che l’andar sia sí molesto? —
     Ed egli a me: — Costui è mio parente:
non conosci tu Papi? Or ve’ che ride;
guarda come ne viene allegramente.
     Costui pur sé ed un compagno uccide:70
e colui che vien drieto alle costiere
e la palandra per ir ratto intride,
     noi siam d’accordo dargli le bandiere
come maestro ver dell’arte nostra:
questo se gli convien, ch’è cavaliere.75
     Giá dilettossi ed ebbe onore in giostra:
egli è il tuo Pandolfin, milite degno;
or la sua gagliardia al ber dimostra. —
     Io feci onore e riverenzia al segno,
cavandomi di testa la berretta:80
e lui passò come spalmato legno.
     Ed eccoti venire un molto in fretta,
sanza niente in testa: pel calore
non porta né cappuccio né berretta.
     — Chi è costui, che vien con tal furore,85
che sí ratto ne va, che par che trotte? —
Ed egli: — È Anton Martelli al tuo onore.
     Ve’ gote rosse e labra asciutte e cotte:
il suo naso spugnoso e pagonazzo,
non cura fiaschi, carratelli o botte.90
     Non ti ricorda del grande schiamazzo
ch’e’ fece un tratto per la fiera a Prato,
quando tolto gli fu di starne un mazzo?
     Chi gli togliesse la roba e lo stato,
sappia che la metá non se ne cruccia,95
che quando simil cose gli è furato.
     — Chi è costui che par ebro, bertuccia,
che impaniato ha l’un e l’altro occhiolino? —
Ed egli a me: — Gli è pur di quella buccia: