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152 | xiii - la nencia di barberino |
4
Le labbra rosse paion de corallo:
ed havvi drento duo filar de denti,
che son piú bianchi che que’ del cavallo;
da ogni lato ve n’ha piú de venti.
le gote bianche paion di cristallo
senz’altro liscio, né scorticamenti,
rosse entro ’l mezzo, quant’è una rosa,
che non se vide mai sí bella cosa.
5
Ell’ha quegli occhi tanto rubacuori,
ch’ella trafiggere’ con egli un muro.
Chiunch’ella guata convien che ’nnamori;
ma ella ha cuore com’un ciottol duro;
e sempre ha drieto un migliaio d’amadori,
che da quegli occhi tutti presi fûro.
La se rivolge e guata questo e quello:
i’ per guatalla me struggo el cervello.
6
La m’ha sí concio e ’n modo governato,
ch’i’ piú non posso maneggiar marrone,
e hamme drento sí ravviluppato,
ch’i’ non ho forza de ’nghiottir boccone.
I’ son come un graticcio deventato,
e solamente per le passione,
ch’i’ ho per lei nel cuore (eppur sopportole!),
la m’ha legato con cento ritortole.
7
Ella potrebbe andare al paragone
tra un migghiaio di belle cittadine,
ch’ell’apparisce ben tra le persone
co’ suoi begghi atti e dolce paroline;
l’ha ghi occhi suoi piú neri ch’un carbone
di sotto a quelle trecce biondelline,
e ricciute le vette de’ capegli,
che vi pare attaccati mill’anegli.