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144 | xii - rime spirituali |
viii
Cantasi come la canzona delle Cicale.
Io son quel misero ingrato
peccator, c’ho tanto errato.
Io son quel prodigo figlio,
che ritorno al padre mio:
stato sono in gran periglio
esulando da te, Dio:
ma tu se’ sí dolce e pio,
che non guardi al mio peccato.
Io son quella pecorella,
che ’l pastor suo ha smarrito:
tu, pastor, lasci per quella
tutto il gregge, e m’hai seguíto;
o amor dolce, infinito,
perduto ero; or m’hai sanato.
Lasso, omè, sopra una nave
me e mie ricchezze porto:
la fortuna acerba e grave
ha le merce e ’l legno assorto:
una tavola ora in porto
il naufrago ha portato.
Ero sano, puro e bello,
fui ferito a mezzo il petto:
grave doglia tal coltello
diemmi, e di morir sospetto:
ma tu, medico perfetto,
questo colpo hai ben sanato.
L’alma pura innamorata
di te, Dio, suo padre e sposo,
poi, dal diavolo accecata,
ha ucciso il suo amoroso:
non può mai trovar riposo:
questo è, misero, il suo stato.