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xi - la rappresentazione di san giovanni e paolo | 107 |
Uno, che accusa Giovanni e Paulo.
O imperador, in Ostia, giá molti anni,
posseggon roba e possession assai
due cristiani, cioè Paulo e Giovanni,
né il tuo editto obbedito hanno mai.
Giuliano imperadore.
Costor son lupi, e di pecore han panni;
ma noi gli toserem, come vedrai.
Va’ tu medesmo; usa ogni diligenzia,
acciò che sian condotti in mia presenzia.
Che val signor, che obbedito non sia
da’ suoi soggetti, e massime allo inizio?
Perché un rettor d’una podesteria
ne’ primi quattro dí fa il suo offizio:
bisogna conservar la signoria
reputata, con pena e con supplizio.
Intendo, poi ch’io son quassú salito,
ad ogni modo d’essere obbedito.
A Giovanni e Paulo, condotti dinanzi all’imperadore, esso imperadore Giuliano dice:
Molto mi duol di voi, dappoi ch’io sento
che siate cristian veri e battezzati;
ché, benché assai fanciullo, io mi rammento
quanto eri a Costantin, mio avol, grati:
pure stimo piú il mio comandamento;
ché la reputazion mantien gli Stati.
Ora, in poche parole: o voi lasciate
la roba tutta, ovver Giove adorate.