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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
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rappresentano al pensiero. E perché il principio in tutte le opere è la potissima parte, la mente nostra volentieri torna col pensiero e, potendo, co’ sensi a quelle cose che concorsero al principio, come è tempo, luogo, parole, modi e che altro vi fussi intervenuto. Credo sia giá detto a sufficienzia quanto fussi grande il desiderio di fruire la sua dolcissima presenzia, della quale sendo privato in quel tempo che composi il presente sonetto, mi era necessario aver ricorso al sopradetto remedio di cercare qualche cosa e piú simile e piú propinqua che potevo al vero, che desiderava il cuor mio. E però cominciai prima a rimembrare nel pensiero quello felicissimo principio, onde sono proceduti tanti dolci successi. Da questo pensiero mi nacque uno desiderio ardentissimo di andare in quello luogo, nel quale prima l’anima mia, e con la donna mia e con Amore, assai lontano da me si partí: perché passò poco tempo da poi che gli occhi suoi m’ebbono legato, che la vidi e molto bella e molto amorosa e dolce in un luogo amenissimo assai vicino alla terra nostra. Dopo il qual tempo, come volle la mia fortuna, lei si partí, ed io stetti per qualche spazio che mi era interdetta la sua dolcissima visione, nel quale feci il presente sonetto. Trovandomi adunque in questo luogo, nel quale avevo lasciato l’anima mia, cercavo se ve la potevo ritrovare; ma, non vedendo né la donna mia né Amore, pensai subito che ’l mio cercare era in vano e che l’anima insieme con Amore e madonna fussi fuggita in altra parte, come era segno manifesto, non vi vedendo né l’anima né la compagnia sua, cioè Amore e madonna, li quali tutti insieme avevo lasciato in quello bello luogo. La quale anima fu sviata da Amore e dalle parole che con Amore parlava la donna mia; perché parlare con Amore non vuol dire altro che parlare cose che piacessino all’anima e, piacendoli, piú la legassino. E certamente fu vero che molte e dolcissime parole piene d’amore e di pietá quel giorno mi fece udire. Tornai adunque non solamente in questo luogo, ma ancora mi riducevo in esso a memoria e le parole e i modi suoi, perché maggior conforto nell’assenzia sua non potevo ricevere. Questo pensiero ed il luogo, che continuamente mi rappresentava