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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
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niati. E non è molto maggiore forza quella delle parole che sieno udite dagli animali bruti, dalle piante e dall’erbe, come si dice de’ serpenti e d’altri animali, e che possino fare seccare le piante e l’erbe, e che solo la fascinazione facessi tanti diversi e grandi effetti, quanti si legge e in Catone e in Plinio, ed in altri autori antiquissimi e degni di fede e riverenzia? E che piú vogliamo cercare di esempli? Non veggiamo noi che maggior forza hanno spesso gli occhi umani che con un semplice sguardo uccidono quasi e vivificano, fanno fuggire e tornare il sangue, tolgono e rendono le forze, e quello che è piú, corrompono il giudizio della mente umana? Pare per questo assai possibile che possa una mano avere tanta virtú che dia, non dico alcuna nuova qualitá, ma alle medesime qualitate piú bellezza ed eccellenzia che non suole dare la natura, e massime la piú bella mano che forse mai facessi natura. E se io fussi di questo suspetto giudice, rispondo che prima fu giudicata da me la bellezza di quella mano che è amata eccessivamente; perché di necessitá la cognizione precede la voluntá. Se adunque mi parve bella che io l’amassi, è necessario che io vachi da colpa di passione, e che quella mano veramente fussi bellissima. E se cosí è, pare piú tosto impossibile che con tanta bellezza non fussi coniunta una maravigliosa virtú e potenzia, ch’è difficile a credere di lei quello che ne scrivo.
Chiare acque, io sento il vostro mormorio
che sol della mia donna il nome dice:
credo, poi ch’Amor fevvi sí felice,
che fussi specchio al suo bel viso e pio.
La bella immagin sua da voi partío,
perché vostra natura vel disdice;
solo il bel nome a voi ricordar lice,
né vuol Amor che lo senta altri ch’io.
Quanto piú fûro o fortunati o saggi
che voi, chiare acque, gli occhi miei quel giorno
che fûrno prima specchio al suo bel volto,
servando sempre in loro i santi raggi;
né veggon altro poi mirando intorno,
né gliel cela ombra, né dal Sol gli è tolto.
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