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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
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dire altro che opera di mani. Ferisce adunque e sana, cioè accende il desiderio, di poi lo adempie, come si dice faceva il telo, cioè la lancia d’Achille figliuolo di Pelleo, la quale avendo due punte, dicono i poeti che con l’una feriva, con l’altra sanava le ferite. Di questo nasce convenientemente che, potendo questa mano e ferire e sanare, può ancora uccidere e vivificare. Adunque convenientemente è detto che quelle dita eburnee, cioè quelle dita di colore d’avorio, tengono la vita e morte mia. Ed ancora questo è proprio offizio delle dita, perché quello che stringe la mano lo fa per mezzo delle dita. Tiene ancora questa mano il mio gran disio, e questo molto veramente per quello che nel precedente sonetto è detto. Perché, tenendo il cuor mio, nel quale è la virtú concupiscibile, cioè il desiderio, tiene il mio desio, il quale io nascondo dagli occhi degli uomini, a’ quali al tutto è invisibile. Perché, se gli è vero quello che abbiamo detto, che questa mia donna sia gentilissima ed il cuore mio da lei sia fatto gentile, perché altrimenti non poteva conoscere o amare tanta bellezza, gli occhi degli altri uomini non possono vedere il mio gentilissimo disio, non sendo fatti gentili da lei non sono sufficienti. Ora, per non lasciare in confusione chi ha letto nel precedente comento nostro qualche cosa che pare prima facie contraria, a maggiore declarazione diremo come appresso. Abbiamo detto questa mano tanto da me lodata ed amata essere suta la sinistra, e tutti gli esempli che abbiamo dato, e della fede che per suo mezzo ebbi da Amore, e dello indorare gli strali, tirare l’arco e medicare, si riferiscono piú presto alla mano destra. Per levare adunque questa confusione, bisogna intendere che naturalmente la mano sinistra è piú degna e piú forte che la destra, perché è piú propinqua al cuore, il quale è datore della virtú e della potenza. È vero che l’uso umano, come molte altre cose, ancora questa naturale potenzia ha depravato. E però, se la destra ha piú degnitá o forza, è piú tosto per consuetudine che per natura. Né debbe l’uso ostare che non sia piú degno quello che per natura è piú degno. E però li buoni intelletti, come quello della donna mia, non ostante la perversa consuetudine, volle in questa come nell’altre cose essere piú eccellente