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46 ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti

della donna mia, le quali, se erano insopportabili alli miei frali ed umili sensi sanza questa pietá, si può pensare quanto il pensier mio desideri contro a sé, volendo aggiunger forze all’offesa sua. Pare molto conveniente alla presente materia fare intendere la cagione perché si fa solamente menzione del pensiero, degli occhi e degli orecchi, e non di altra forza o senso; e però diremo appresso da che cagione mossi abbiamo fatto questo. Secondo i platonici, tre sono le spezie della vera e laudabile bellezza: cioè bellezza d’animo, di corpo e di voce. Quella dell’anima può solamente conoscere ed appetire la mente; quella del corpo solamente diletta gli occhi; quella della voce gli orecchi. I diletti degli altri sensi fuora di questi, come vili e non convenienti ad animo gentile, sono repudiati. Pel pensiero adunque s’intende la mente, la quale ha per obietto la bellezza dell’anima, la quale consiste nella perfezione che dalla virtú gli viene, ed è piú e manco bella e di piú e manco bellezza ornata, secondo che è accompagnata di piú virtú, cosí in numero come in quantitá e perfezione d’essa. La bellezza del corpo e grazia d’esso pare che proceda dall’essere bene proporzionato, di grazioso aspetto, ed in effetto da una certa venustá e leggiadria, la quale qualche volta piace non tanto per la perfezione e buona proporzione del corpo, quanto per una certa conformitá che ha cogli occhi ai quali piace, che dal cielo o dalla natura procede; e tutto questo è obietto ed indizio degli occhi. La terza bellezza della voce consiste quando di piú voce concordi resulta un concento, che si chiama «armonia»; e questo può procedere cosí da diverse voce, come è detto, come da una dolcezza e suavitá di parole insieme ben connesse ed accomodate, le quali ancora non possono essere cosí composte sanza armonia.

Tutta questa bellezza solamente agli orecchi si riferisce, e per questo solamente questi tre modi abbiamo posto a conoscere la donna mia. Imperocché per quella piatá, che il mio pensiero desiderava in lei, bisogna intendere la bellezza delle virtú e dote dell’anima della donna mia, desiderate dalla nostra mente. Perché la pietate è opera degnissima dell’anima mossa da giustizia, perché, essendo posta in animo ragionevole, sanza qualche