Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
34 | ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
Avendo assoluto la esposizione de’ quattro precedenti sonetti ed essendo quelli che seguono molto differenti, par necessario per maggior delucidazione far prima un nuovo argumento, il quale sia comune a tutti li seguenti sonetti, acciò che si verifichi quello che disopra abbiamo detto, cioè che la morte sia stata conveniente principio a questa nuova vita, come mi sforzerò di mostrare appresso.
Nascono tutti gli uomini con un naturale appetito di felicitá, ed a questo come a vero fine tendono tutte le opere umane. Ma, però che è molto difficile a conoscere che cosa sia felicitá ed in che consista, e, se pure si conosce, non è minore difficultá il poterla conseguire dagli uomini, per diverse vie si cerca: e però, da poi che in genere ed in confuso gli uomini questo si hanno proposto per fine, cominciano chi in uno e chi in un altro modo a cercare di trovarlo; e cosí, da quella generalitá ristrignendosi a qualche cosa propria e particulare, diversamente si affaticano, ciascuno secondo la natura e disposizione sua, onde nasce la varietá degli studi umani e l’ornamento e maggiore perfezione del mondo per la diversitá delle cose, simili all’armonia e consonanza che resulta di diverse voci concorde. Ed a questo fine forse Colui che mai non erra ha fatto oscura e difficile la via della perfezione. E cosí si conosce l’opere nostre e la intelligenzia umana avere principio dalle cose piú note, venendo da quelle alle manco note. Né è dubbio alcuno essere di piú facile cognizione le cose in genere che in spezie e particulate; dico secondo il discorso dell’umana intelligenzia, la quale non può avere vera diffinizione d’alcuna cosa, se prima non procede la notizia universale di quella.
Fu adunque la vita e morte di colei che abbiamo detto notizia universale d’amore e cognizione in confuso che cosa fussi amorosa passione; per la quale universale cognizione divenni poi alla cognizione particulare della mia dolcissima ed amorosa pena, come diremo appresso. Imperocché, essendo morta la donna che disopra abbiamo detto, fu da me e laudata e deplorata nelli precedenti sonetti come publico danno e iattura comune, e fui mosso da un dolore e compassione che molti e molti altri mosse alla