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v - ambra 301

40

     Diana bella, questo petto casto
non maculò giamai folle disio:
guardalo or tu, perch’io ninfa non basto
a dua nimici; e l’uno e l’altro è dio.
Col disio del morir m’è sol rimasto
al core il casto amor di Lauro mio:
portate, venti, questa voce estrema
a Lauro mio, che la mia morte gema. —

41

     Né eron quasi della bocca fòre
queste parole, che i candidi piedi
fûrno occupati da novel rigore:
crescergli poi e fargli un sasso vedi:
mutar le membra e ’l bel corpo colore,
ma pur, che fussi giá donna ancor credi:
le membra mostran, come suol figura
bozzata e non finita in pietra dura.

42

     Ombron pel corso faticato e lasso,
per la speranza della cara preda
prende nuovo vigor e stringe il passo,
e par che quasi in braccio aver la creda:
crescer veggendo innanzi agli occhi il sasso,
ignaro ancor, non sa d’onde proceda:
ma poi, veggendo vana ogni sua voglia,
si ferma pien di maraviglia e doglia.

43

     Come in un parco cervia o altra fèra,
ch’è di materia o piccol muro chiuso,
sopraffatta da’ can, campar non spera
vicina al muro, e per timor lá suso
salta e si lieva innanzi al can leggiera;
resta il can drento misero e deluso;
non potendo seguir ov’è salita,
fermasi, e guarda il loco ov’è fuggita;