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v - ambra | 299 |
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Timida e vergognosa Ambra pur corre;
nel corso a’ venti rapidi non cede;
le leggier piante sulle spighe porre
potria, e sosterrieno il gentil piede:
vedesi Ombrone ognor piú campo tôrre,
la ninfa ad ogni passo manco vede:
giá nel pian largo tanto il corso avanza,
che di giugnerla perde ogni speranza.
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Giá pria per li alti monti aspri e repenti
venía tra sassi con rapido corso:
i passi a lei manco spediti e lenti
faceano a lui sperar qualche soccorso:
ma giunto, lasso, giú ne’ pian patenti,
fu messo quasi al fiume stanco un morso:
poi che non può col piè, per la campagna
col disio e cogli occhi l’accompagna.
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Che debbe far l’innamorato dio,
poiché la bella ninfa piú non giugne?
Quanto gli è piú negata, piú disio
lo innamorato core accende e pugne.
La ninfa era giá presso ove Arno mio
riceve Ombrone e l’onde sue congiugne:
Ombrone, Arno veggendo, si conforta,
e surge alquanto la speranza morta.
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Grida da lungi: — O Arno, a cui rifugge
la maggior parte di noi fiumi tòschi,
la bella ninfa, che come uccel fugge,
da me seguíta in tanti monti e boschi,
sanza alcuna pietate il cor mi strugge,
né par che amore il duro cor conoschi:
rendimi lei e la speranza persa,
e il leggier corso suo rompi e intraversa.