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selva seconda | 263 |
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Nel primo tempo che Caòs antico
partorí il figlio suo diletto Amore,
nacque questa maligna dea ch’io dico:
nel medesimo parto venne fore.
Giove, padre benigno, al mondo amico,
la rilegò tra l’ombre inferiore
con Pluton, colle Furie: e stie’ con loro,
mentre regnò Saturno e l’etá d’oro:
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poi, sendo spesso e gravemente offesi
dal fèr Cupido gl’immortali dèi
or ad un laccio, or ad un altro presi,
fêron tornar dagl’inferi costei
per decreto divin, di sdegno accesi,
e che dov’Amor è, fussi ancor lei.
Cosí questa nimica il mondo ingombra:
segue Amor sempre come corpo l’ombra.
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Temeva forte il sommo padre Giove
che di Caòs il bello e dolce figlio
non si facessi colle forze nòve
rettore in loco suo del gran conciglio:
il scettro e il regno transferissi altrove;
però rivocò questa dallo esiglio,
giurando allor per la palude stigie
che segua d’Amor sempre le vestigie.
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Pensò con questa molta forza tôrre
il sommo padre agli amorosi strali,
e’ duri nodi e tutti i lacci sciôrre:
perché, veggendo gli dèi immortali
in quante pene qualunche ama incôrre,
in che pianti e sospir e in quanti mali,
leverebbon d’amore ogni pensiero,
fuggendo il grave giogo e il duro impero.