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selva seconda | 257 |
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E, se qualche novella sento pure,
sol questo è, che ’l pensier mi rappresenta
tra tanti mie’ martír mille paure;
e voglia e gelosia pur mi tormenta,
disio, dispetto, invidia e triste cure;
e Fortuna, al mio mal pronta ed attenta,
mi perseguita sempre; Amor mi uccide,
poi di tanto mio mal s’allegra e ride.
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Mentre che ’l cor cosí s’affligge e geme
e di tanto mio mal meco si duole,
allor che piú desia e che piú teme,
il pianto in preda l’ha, e morte il vuole;
surge una dolce e desiata speme,
che mi conforta colle sue parole,
e dice: — Ancor quel bel viso vedrai
lieto, dolce, amoroso piú che mai.
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Quegli occhi belli, lieti ed amorosi,
poche accorte e dolcissime parole,
queteranno i pensier tuoi disiosi
e l’alma afflitta, che a ragion si duole.
Faran quegli occhi, ch’or ti sono ascosi,
come fa tra le folte nebbie il sole:
fuggirá il pianto e’ tua sospir dolenti
dinanzi all’amorose luci ardenti.
19 Descrizione dell’estate.
Tosto che appare al tuo cieco orizzonte
la luce che nel cor sempre risplende,
e della cima di quel sacro monte
quello amoroso raggio agli occhi scende,
non convien por la man sopra la fronte,
ché questo dolce lume non offende.
O che bell’alba! o Titon vecchio, allora
abbiti sanza invidia la tua Aurora.
Lorenzo il Magnifico, Opere - i. | 17 |