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iii - rime 219

lxxxvii

[Nuovi ingegni d’Amore.]


     Amore in quel vittorioso giorno,
che mi rimembra il primo dolce male,
sopra al superbo monte lieto sale:
le Grazie seco e i cari frati andôrno.
     Lo abito gentil, di ch’era adorno,
deposto, dette a me la benda e l’ale:
a lei l’arco in la destra, ed uno strale
nella sinistra, e la faretra intorno.
     La candida, sottil, succinta vesta
dell’amorosa mia Diana scuopre
le nude membra, or sopra a’ panni esprime.
     Febo de’ raggi ornò gli occhi e la testa;
cosí non arti umane o mortal opre
fûr quelle benedette e dolci prime.


lxxxviii

[Dolci miracoli.]


     Mille duri pensier par nel cor muova
l’anima trista, nati da’ martíri:
se muoiono, e’ convertonsi in sospiri,
e ’l dolor immortal pur li rinnuova.
     Né so com’esser può, se non per pruova,
che ’l cor accenda ognor nuovi desiri
della sua morte, e nutrimento tiri
da sí duri pensier, che al viver giova.
     Dimmelo, Amor, e come ognor morendo
questi tristi pensier dolce, immortale
l’immagin bella han fatto nel cor mio.
     Amor pur mi risponde sorridendo:
— Non è dolce alcun ben quanto il mio male.
Questi dolci miracoli fo io. —