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210 | iii - rime |
lxix
[Dolce è il pianto, «poi che i belli occhi pianger vid’io sí largo e forte».]
Sí dolce esemplo a piangere hanno dato
agli occhi miei que’ lacrimosi lumi,
che usciran sempre duo perenni fiumi
da’ miei: tal disio m’è di pianger nato.
Lasso, quanto eran belli, e in quale stato
misero gli lasciai! Or mi consumi,
o tenace memoria, e ancor presumi
prometter peggio: o troppo avverso fato!
A sí gran colpa è poca pena un pianto
sí dolce, e dolce è il pianto, poi che i belli
occhi pianger vid’io sí largo e forte.
Onde i miei occhi, che presunser tanto,
voller piangendo allor simigliar quelli,
e spero ed ardo, presto chiuda Morte.
lxx
[Amore converte ogni pensiero nel pensiero di lei.]
Della mia donna, omè, gli ultimi sguardi
il pensier mio sol sempre e fiso mira:
gli occhi miei prima n’hanno invidia ed ira,
ché sono al giugner de’ lor ben piú tardi.
Ma poi, se ben diverse cose io guardi,
il mio forte pensier, che a sé le tira,
tutte in lei le converte, e quinci spira
breve dolcezza agli occhi miei bugiardi.
E come il sol, senza accidente o forma
di caldo, prende poi nuova virtute
per la reflession, e ’l mondo accende;
cosí, poi che al pensier mio son venute
varie cose per gli occhi, Amor le informa,
e sol la donna mia agli occhi rende.