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200 iii - rime

canzone vi

Canzona fatta per Lauretta, donna di P. F.


     Quelle vaghe dolcezze, che Amor pose
ne’ duo begli occhi dove ancor lui siede,
lasciando, per venirvi, il terzo cielo;
i gigli, le viole e fresche rose,
l’onesto e bel sembiante che merzede5
ascosa tien sotto il leggiadro velo,
quando costumi e pelo
dovria mutar, or ritornar mi fanno
in que’ lacci amorosi, ove giá m’ebbe
Amor, fin che l’increbbe10
di me, misero lasso, e forse or vuole
ristorar quell’affanno,
sí come a veritier signor conviensi;
e però il chiaro Sole
offerse al cor, né vuol che ad altri pensi.15
     Quanta beltá giamai fu in donna bella
posto ha in costei, ed in me quanto amore
portar si puote a sí leggiadra cosa.
Né fiamma arse giamai, sí come quella
ch’arde e consuma il fortunato core,20
qual lieto al foco si quieta e posa.
Quella vita amorosa,
la qual mi fece un tempo odiar me stesso,
ritornar sento, ma cangiato ha sorte;
ché piú felice morte25
sí dolce mi parria, che vita, allora
che stando al mio ben presso
né pene sento, né dolore alcuno.
Sol mi dolgo quell’ora
che l’occhio è del suo ben privo e digiuno.30