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198 | iii - rime |
sestina v
[Amore e Fortuna saettano il poeta.]
1
Da mille parti mi saetta Amore,
accompagnato da crudel Fortuna,
onde in un’ora sento mille morte,
e mille volte surge l’afflitt’alma,
la qual tirata da un vano disio
vive e muor, come piace a chi la regge.
2
Ma, s’egli avvien talor che chi la regge
non si disdegni ad ubbidire Amore,
e governar si lasci dal disio,
allor con prosper vento vien Fortuna,
e se s’allegra alquanto la trist’alma,
è poi cagion d’assai piú dura morte.
3
Cosí piú il viver piace, quando morte
talor minaccia, pur speranza regge
ne’ duri casi sempre intera l’alma.
Questa tenuto m’ha servo d’Amore,
né mai, benché stil cangi ria Fortuna,
cangiai per pene o cangerò disio.
4
Pria che si muti il mio fermo disio,
frigide lascerá mie membra morte;
né potrá tanto far crudel Fortuna,
che sempre non mi regga chi mi regge.
Chi può però da quel che piace a Amore
levare il suo pensiero o mutar l’alma?