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iii - rime 189

xlvii

Sonetto fatto in sul Rimaggio.


     Lascia l’isola tua tanto diletta,
lascia il tuo regno delicato e bello,
Ciprigna dea, e vien sopra il ruscello
che bagna la minuta e verde erbetta.
     Vieni a quest’ombra, alla dolce auretta
che fa mormoreggiare ogni arbuscello,
a’ canti dolci d’amoroso uccello;
questa da te per patria sia eletta.
     E, se tu vien’ tra queste chiare linfe,
sia teco il tuo amato caro figlio,
ché qui non si conosce il suo valore.
     Togli a Diana le sue caste ninfe,
che sciolte or vanno e senza alcun periglio,
poco prezzando la virtú d’Amore.


xlviii

Sonetto fatto di Rimaggio a certi che vi s’erono trovati a far festa.


     Una ninfa gentil, leggiadra e bella,
piú che mai Febo amasse o altro dio,
cresciuto ha co’ suoi pianti il fresco rio,
dove lasciata fu la meschinella.
     Lí duolsi e spesso accusa or questa or quella
cagion del viver suo tanto aspro e rio:
poi che lasciò Diana, il suo disio
s’è vòlto ad ubbidir la terza stella.
     E nulla altro conforta il suo dolore,
se non che quel che gli ha tanto ben tolto,
gli renda il desiato e car tesoro.
     Sol nasce un dubbio, che quel tristo core
che al pianger tanto s’è diritto e vòlto,
pria non diventi un fonte o qualche alloro.