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178 | iii - rime |
xxxvi
Sonetto fatto andando in Maremma lungo la marina.
Co’ passi sparti e colla mente vaga
cercando vo’ per ogni aspro sentiere
l’abitazion delle silvestre fiere,
presso ove il mar Tirren bagna ed allaga;
sol per provar se si quieta e appaga
l’alma per cose nuove, qual vedere
sempre li pare, e innanzi agli occhi avere
quegli occhi che li fêr l’antica piaga.
Se da sinistra in qualche oscuro speco
guardo, la veggio lí tra fronde e fronde,
nuova Diana che ogni oscuro allieti:
a destra rimirando le salse onde,
parmi che tolto abbi il suo imperio a Teti:
cosí sempre è mia dolce pena meco.
xxxvii
Sonetto fatto per un sogno.
Piú che mai bella e men che giá mai fèra
mostrommi Amor la mia cara inimica,
quando i pensier del giorno e la fatica
tolto avea il pigro sonno della sera.
Sembrava agli occhi miei propria com’era,
deposta sol la sua durezza antica,
e fatta agli amorosi raggi aprica:
né mai mi parve il ver cosa sí vera.
Prima, al parlar, e pauroso e lento
stavo, come solea: poi la paura
vinse il disio, e cominciai, dicendo:
— Madonna... — E in quel partissi come un vento.
Cosí in un tempo súbita mi fura
il sonno e sé e mia merzé, fuggendo.