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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
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desiderio, e chi non desidera quietarlo ha similmente l’appetito grande. Ma quello fa maggior errore, che cerca quietare lo appetito d’una cosa pigliando rimedi e modi atti a multiplicarlo e accrescerne la inquietudine, come avveniva a me, che, pensando alla bellezza della donna mia, ne avevo grandissimo desiderio, e, credendo quietarlo, andavo per vederla, e, cominciando a veder li occhi, mi parevano sí belli occhi, che il desiderio pure cresceva; che era il contrario di quello volevo. Non trovando adunque la pace mia negli occhi suoi, ma vedendo in essi rilucere e lampeggiare la morte mia, cioè Amore, fuggivo l’aspetto loro, credendo trovare la quiete, che non avevo trovato in essi, in qualcun’altra delle molte bellezze che apparivano nella donna mia. E però, domandando il mio soccorso, cioè la quiete predetta, quando a’ suoi gentilissimi modi, considerandoli con grandissima attenzione, quando sentendo il suo dolcissimo parlare e diversante, secondo la multiplice diversitá in tante bellezze naturali ed ornamenti suoi, trovavo in effetto Amore armato e parato alla mia morte, perché è vero officio d’infinita bellezza accendere infinito desiderio: cosí diremo a proporzione d’ogni bellezza e desiderio. Desperato adunque della quiete mia dalle bellezze ed ornamenti che continuamente vedevo con gli occhi, pensavo quietarmi, quando potessi toccare la sua mano candidissima; ma, ricordandomi ch’ell’era stata quella che mi aveva tolto la vita e teneva il mio cuore e tutti li miei pensieri in sé stretti, ancora di questo mi disperai, perché, se li miei pensieri erano felici sendo in quella mano, era impossibile loro si partissino dalla felicitá, ove sogliono correre tutte le cose; ed io senza pensieri non potevo quietarmi, perché li pensieri sono il principio d’ogni umana azione, e perché procedono le opere, né si può far cosa che prima non si pensi, e però, mancando il pensiero, mancono le opere. Non potendo adunque ottenere la mia salute, cioè la quiete del desiderio, anzi crescendo ogni ora piú, la necessitá mostrava che io dovessi sopportare queste offese dolcissime e che amassi sí dolci inimici, come erano li occhi, le parole, i modi, la mano e l’altre bellezze della donna mia, i quali erano veramente dolci, perché gran dolcezza era