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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
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donna mia per uno accidente, che negli altri il piú delle volte suole la bellezza ricoprire e spegnere, ed in essa la multiplicò. Andavo adunque per una via assai solitaria solo, pieno però di amorosi pensieri, ed essendo fuori d’ogni espettazione di potere in tal luogo vedere la donna mia, subito la scontrai, e giá molto vicina m’era, quando la vidi. Questa insperata visione e subito assalto degli occhi suoi a’ miei fece in un tratto partire da me quasi ogni forza e ’l colore del viso, e, rimirando la faccia sua, mi parve similmente adorna d’uno amoroso e bellissimo pallore, non però di colore ismorto, ma che pendessi in bianchezza. E di principio mi parve fussi suta grande presunzione di quel colore pallido ad esser venuto in sí bel viso. Ma, pensando poi meglio, vidi che aveva aggiunto forza all’altre bellezze, come suole fare l’erba verde piú belli i fiori, ed il cielo mostrare piú chiare le stelle che distinguendole col colore e serenitá sua: ancora che i fiori sieno piú belli che l’erba, e le stelle piú belle che il campo del cielo, l’erba faceva parere piú belli i fiori che se fussi tutto il prato fiori, e non fussino campeggiati dal verde dell’erba; similmente il cielo delle stelle, per la forza non solamente della varietá, ma perché gli oppositi l’uno vicino all’altro pigliono maggior forza e meglio si mostrono. Né erono a me manco bellezza a numero quelle della donna mia, che sieno i fiori de’ prati e le stelle del cielo. Erano adunque quelle bellezze in mezzo del pallido colore, come i fiori in mezzo dell’erba e stelle in mezzo del colore del cielo. Tra tanti fiori era ancora in mezzo di questo viso Amore, bellissimo fiore, e tra tante stelle era similmente la stella d’Amore. Era Amore in un tempo medesimo lieto e maraviglioso, avendo fatto sí gentile e bella opera: lieto, perché era bellissima, e maraviglioso, perché gran cosa era quella che aveva fatto e molto nuova, avendo aggiunto tanto ornamento per mezzo di quel colore pallido, che, come abbiamo detto, gli altri visi suole turbare e fare brutti. Se n’era Amore pieno di maraviglia, che era suto autore di sí bella opera, si può pensare che io ne restassi attonito e pieno di stupore, e che ogni mia virtú, superata dalla eccessiva nuova bellezza, per qualche tempo si partissi da me,