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103 ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti

     Aura suave, quale or togli, or rendi
a lei la vista del febeo splendore,
movendo i rami e insieme l’ombra intorno!
     All’alta quercia i tuoi trofei sospendi,
o dolce sonno, e non si sdegni Amore
se trionfasti de’ belli occhi il giorno.


Se io potessi ad uno ad uno gli atti ed amorosi accidenti della donna mia proseguire, certamente molto maggiore ornamento ne riceverebbe questa nostra amorosa istoria e molto piú laude la donna mia. Perché veramente ogni atto, ancora che minimo, della vita sua è suto degno d’essere celebrato da me, ed, avendone io gran parte pretermesso, ne do cagione solamente alla abbondanzia e copia delle cose: perché a me è accaduto come a uno, il quale, sendo in mezzo d’uno amenissimo prato, il quale produce diversi colori di fiori, e volendo côrre de’ piú vaghi, non sa a qual prima porre la mano; perché la qualitá della bellezza fa piú difficile la elezione, essendo l’appetito nostro tirato piú da quelle cose che piú piacciono. Non potendo io adunque côrre tutti i fiori dello eccellentissimo prato della donna mia, né proseguire tutte le laude sue, né sapendo eleggere qual prima meritassi essere da me còlta e celebrata, a caso errando con la mano, quelli primi fiori, che la sorte mi ha monstro, ho còlti, facendone piú tosto giudice la fortuna che la mia elezione. Era, come nel precedente sonetto abbiamo detto, la donna mia a sedere, come mostra averla io cercata assai cogli occhi, e solo trovatala col pensiero. Trovandosi ella adunque in una villa non molto lontana dalla cittá, ma posta in luogo che non poteva vederla, mosse i passi suoi, e, montando per un monte assai alto e silvestro, pervenne in parte onde facilmente la cittá, dove io ero, poteva vedere, credo pensando poter dare qualche refrigerio o presente o futuro all’afflizione, la quale vedeva in me per l’assenzia sua. Era questo luogo salvatico, come abbiamo detto: il terreno coperto d’erbe e di fiori, il quale una vecchia quercia adombrava. Ed essendo pure la donna mia per il cammino erto e difficile alquanto affaticata, e vedendo sí bello luogo, deliberò fare degna quell’erba e que’