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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti |
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Soccorse Amore col pensiero al difetto degli occhi, né di questo avvenne altro che accumulazione di pene. Perché, come dicemo nel comento del sonetto che comincia: «Allor ch’io penso», ecc., l’imagine della cosa amata multiplica il desiderio della vera; come avvenne ancora a quel tempo, perché del vedere la donna mia drento al mio cuore s’accese uno nuovo e maggiore desiderio della donna mia. E, perché pare impossibile che a tanto fuoco il mio cuore potesse resistere, che ardendo non si consumasse e divenisse cenere, si pone, per fare credibile queste maraviglie, il rimedio che non lasciava consumare il cuore, cioè la forza de’ sospiri, i quali, come abbiamo detto, naturalmente sono dal cuore generati per suo refrigerio ed esalazione contro alla suffocazione, che l’offende per il concorso degli spiriti vitali.
Piú dolce sonno o placida quiete
giá mai chiuse occhi, o piú belli occhi mai,
quanto quel che adombrò li santi rai
delle amorose luci altere e liete.
E mentre stier cosí chiuse e secrete,
Amor, il tuo valor perdesti assai:
ché l’imperio e la forza, che tu hai,
la bella vista par ti presti e viete.
Alta e frondosa quercia, che interponi
le fronde tra’ belli occhi e’ febei raggi,
e sumministri l’ombra al bel sopore,
non temer, benché Giove irato tuoni,
non temer sopra te piú folgor caggi,
da que’ belli occhi consecrata a Amore.
Odorifera erbetta e vaghi fiori,
ch’ornate il prato come il ciel le stelle,
le dolcemente fatigate e belle
membra vedesti in mezzo a’ bei colori.
Alto e dolce pensier suo, quanto onori
le cose di cui tacito favelle!
Oh me felice, che allor fui di quelle,
che ’l dice Amor, c’ha in pegno i nostri cuori!
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