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4 | i - epistola a federico d’aragona |
e con la spada, e tante mirabili eccellenzie de’ valorosi antichi, li quali sanza alcun dubbio, come ben dice il nostro toscano poeta, non saranno mai sanza fama,
se l’universo pria non si dissolve.
Erano questi mirabili e veramente divini uomini, come di vera immortal laude sommamente desiderosi, cosí d’un focoso amore verso coloro accesi, i quali potessino i valorosi e chiari fatti delli uomini eccellenti con la virtú del poetico stile rendere immortali; del quale gloriosissimo desio infiammato il magno Alessandro, quando nel Sigeo al nobilissimo sepulcro del famoso Achille fu pervenuto, mandò fuori suspirando quella sempre memorabile regia veramente di sé degna voce:
Oh fortunato che sí chiara tromba |
E sanza dubbio fortunato: imperocché, se ’l divino poeta Omero non fusse stato, una medesima sepultura il corpo e la fama di Achille averebbe ricoperto. Né questo poeta ancora, sopra tutti gli altri eccellentissimo, sarebbe in tanto onore e fama salito, se da uno clarissimo ateniese non fusse stato di terra in alto sublevato, anzi quasi da morte a sí lunga vita restituto. Imperocchè, essendo la sacra opera di questo celebratissimo poeta dopo la sua morte per molti e vari luoghi della Grecia dissipata e quasi dimembrata, Pisistrato, ateniese principe, uomo per molte virtú e d’animo e di corpo prestantissimo, proposti amplissimi premi a chi alcuni de’ versi omerici gli apportassi, con somma diligenzia ed esamine tutto il corpo del santissimo poeta insieme raccolse, e sí come a quello dette perpetua vita, cosí lui a sé stesso immortal gloria e clarissimo splendore acquistonne. Per la qual cosa nessun altro titulo sotto la sua statua fu intagliato, se non quest’uno: che dell’insieme ridurre il glorioso omerico poema fussi stato autore. Oh veramente divini uomini, e per utilitá degli uomini al mondo nati!
Conosceva questo egregio principe li altri suoi virtuosi fatti, comeché molti e mirabili fussino, tutti nientedimeno a quest’una