Dal calice succhiato in ceppi stretta
La mosca in sen al foi trova la tomba.
Qui pure il sonno con pigre ali, molle
Da l’erbe lasse conosciuto dio 495S’aggira, e al giugner d’espero rinchiude
Con la man fresca le stillanti bocce,
Che aprirà ristorate il bel mattino.
E chi potesse udir de’ verdi rami
Le secrete parole allor che i furti 500Dolci fa il vento sù gli aperti fiori
De gli odorati semi, e in giro porta
La speme de la prole a cento fronde:
Come al marito suo parria gemente
L’avida pianta susurrar! chè nozze 505Han pur le piante;, e zefiro leggero
Discorritor de l’indiche pendici
A quei fecondi amor plaude aleggiando.
Erba gentil (nè v’è sospir di vento)
Vedi inquieta tremolar sul gambo; 510Non vive?, e non dirai ch’ella pur senta?
Ricerca forse il patrio margo, e ’l rio,
E duolsi d’abbracciar con le radici