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CAPO VI
VICENDE STORICHE DI LODI
DAL DECADlMENTO DELLE COMUNALI LIBERTÀ
ALLA DISCESA DI CARLO VIII.
(1294-1494).
§ 1. — Il comune di Lodi trasformato in Signoria.
Antonio Fissiraga. I Vistarini.
Matteo Visconti, essendo stato creato dall’imperatore Adolfo di Nassau vicario generale in Lombardia (1294), si credette in diritto di angariare sempre più le città soggette. Lodi e Crema, che si reggevano a parte guelfa, volsero gli occhi anco una volta ai Torriani, ch’erano in Aquileja, e avean =sempre considerato Lodi come il loro quartier generale. Radunò il Visconti le forze sue e degli alleati per opporsi a questa nuova levata di scudi dei rivali, e mosse verso il Lodigiano occupando il borgo di Lodi vecchio. La guerra si fece più grossa Fanno appresso, e il Visconti radunato un fortissimo esercito (vuoisi salisse a 30,000 uomini), attraversò disertando il nostro contado, e pose l’assedio alla città coll’animo deliberato d’espugnarla ad ogni costo. La resistenza però fu così gagliarda che gli convenne lasciar l’impresa e tornarsene a Milano. E vi s’indusse tanto più facilmente, in quanto che i Lodigiani stessi avevano iniziate proposte di pace (settembre 1295). Fra le condizioni l’astuto Matteo non pose l’allontanamento dei Torriani, come doveva sembrar naturale, per nou creare soverchie difficoltà; pure fé’ in modo che pel seguente anno sgombrar dovessero dalla città1.
La pace stipulata sembrò sincera così da indurre i Milanesi (1299) a scegliere, l’un dopo l’altro, due podestà lodigiani, che furono Bisacco Riccardi e Federico Sommariva (1300), il quale aveva già coperto la stessa carica a Parma e Siena. Se non che la potenza stragrande alla quale eran giunti frattanto i Visconti, destò contr’essi la gelosia de’ vicini; sicché formossi nel 1302 contro Matteo una lega fra parecchi signori e città, per opera principalmente di Antonio Fissiraga che poteva considerarsi come signore di Lodi. Così collegaronsi
- ↑ Per far fronte alle gravi spese di questa guerra dovettero i Lodigiani impegnare le pubbliche entrate per la somma di ottomila lire imperiali, tolte a censo per un anno dal marchese Cavalcabò di Cremona, come si ha da rogito del 22 dicembre 1295 del notajo Geminiano Mola (Lodi, Memorie manoscritte; Pisano, op. cit. p. 293).