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vicende storiche di Lodi fino alla sua distruzione 35


tica in tempi in cui volevasi libertà assoluta, ma non la s’intendeva al di fuori delle mura cittadine. Fu allora che intolleranti dell’imposta servitù e disperando della resurrezione della patria, parecchie illustri famiglie lodigiane presero stanza nel territorio della repubblica veneta, ed altre stanche di quel vivere angustiato di mezzo a continue guerre fra città e città ed a lotte interne, si ritrassero a soggiornare nella circostante campagna. E così quasi insensibilmente i borghi intorno a Lodi(l) andarono ingrossando, e principalmente il Piacentino, ove tenevasi il lucrosomercato del martedì, al quale concorrevano in gran numero Pavesi, Cremonesi,, Cremaseli!*, Piacentini, Parmigiani, gli stessi Milanesi, e d’altre città. I Milanesi ebbero cura di proibirlo, imponendo si tenesse in un campo fuori dell’abitato, con nuovo e massimo danno dei Lodigiani (2). Nella stessa città le case rimettevansi, e costituivasi un’amministrazione municipale, e quasi diremo Un vero nuovo comune, soggetto però sempre ai voleri di Milano, della quale doveva seguire le sorti anche in guerra, come avvenne nel 1127 contro Como, che i Milanesi volean soggiogata come tutte le minori città lombarde (3). Nel 1142 troviamo perfino di nuovo menzionati i consoli di Lodi (4). Così durarono i nostri per molti anni; finche gli avvenimenti gravissimi succedutisi in Italia mutarono affatto la loro sorte. Era salito sul trono germanico Federico I Barbarossa, principe di grande ingegno ed energia, nimicissimo dei Milanesi, antesignani allora dell’italica lfbertà, ed aveva raccolto una dieta a Costanza (1153) per meglio determinare i diritti dell’impero in Italia. A lui presentaronsi Alberardo Alamanno e maestro Omobono, due lodigiani che trovavansi in quella città per affari di quel vescovo Ermanno, ed implorarono da lui giustizia pei loro concittadini contro i Milanesi. E che si volgessero per ajuto al maggior nemico dei Milanesi, benché pur fosse accanito avversario delle comunali franchigie, apparirà naturalissimo in quelle circostanze, tanto più quando si consideri che di que’ tempi l’amor di patria troppo di rado oltrepassava le mura della propria terra natale. Essi dunque, come narra il nostro cronista (5), con la croce sulle spalle ed una fune al collo, scongiurarono l’imperatore che almeno imponesse ai Milanesi di restituire ai loro concittadini il mercato nel Juogo di prima. I due avevano agito di loro spontaneo impulso, non per mandato dei Lodigiani; anzi i magistrati di Lodi, risaputa ch’ebbero tal cosa nell’adunata della Credenza (6), temendo le conse-(1) I borghi si ritiene da tutti gli storici fossero sei; ma non è concorde l’opinione sulla denominazione dei medesimi. Il Piacentino (fuori della porta omonima) era per certo il più esteso ed importante, e conteneva la chiesa di S. Bassiano. Denominavasi Carrea quello posto fuori di porta Monzasca, colla cattedrale e la residenza del vescovo. Gli altri quattro traevano il nome dalle virine porte di S. Naborre e Felice, S. Sepolcro, Milanese e Pavese. (2) Vignati, Lodi e il sv.o territorio, p. 23; Morena (nei Monumenta Germaniae historica, edit, dal Pertz, voi. XVIII, da questo punto principal nostra guida, quantunque non sempre sicura, per questi avvenimenti), ad an. (3) Muratori (Scriptores), Anonymi Novocom. (4) Pisano, op. cit, p. 131 e seg. (5) Ottone Morena, ad an. (6)£_Consiglio ristretto, formato delle persone più distinte per dottrina, che doveva ajutare r consoli nelle più gravi questioni (Giulini, op. cit. lib. 39).