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vicende storiche di Lodi fino alla sua distruzione |
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tica in tempi in cui volevasi libertà assoluta, ma non la s’intendeva al di fuori
delle mura cittadine.
Fu allora che intolleranti dell’imposta servitù e disperando della resurrezione
della patria, parecchie illustri famiglie lodigiane presero stanza nel territorio
della repubblica veneta, ed altre stanche di quel vivere angustiato di mezzo a
continue guerre fra città e città ed a lotte interne, si ritrassero a soggiornare nella
circostante campagna. E così quasi insensibilmente i borghi intorno a Lodi(l)
andarono ingrossando, e principalmente il Piacentino, ove tenevasi il lucrosomercato
del martedì, al quale concorrevano in gran numero Pavesi, Cremonesi,,
Cremaseli!*, Piacentini, Parmigiani, gli stessi Milanesi, e d’altre città. I Milanesi
ebbero cura di proibirlo, imponendo si tenesse in un campo fuori dell’abitato,
con nuovo e massimo danno dei Lodigiani (2). Nella stessa città le case rimettevansi,
e costituivasi un’amministrazione municipale, e quasi diremo Un vero
nuovo comune, soggetto però sempre ai voleri di Milano, della quale doveva
seguire le sorti anche in guerra, come avvenne nel 1127 contro Como, che i Milanesi
volean soggiogata come tutte le minori città lombarde (3). Nel 1142 troviamo
perfino di nuovo menzionati i consoli di Lodi (4).
Così durarono i nostri per molti anni; finche gli avvenimenti gravissimi
succedutisi in Italia mutarono affatto la loro sorte.
Era salito sul trono germanico Federico I Barbarossa, principe di grande
ingegno ed energia, nimicissimo dei Milanesi, antesignani allora dell’italica lfbertà,
ed aveva raccolto una dieta a Costanza (1153) per meglio determinare
i diritti dell’impero in Italia. A lui presentaronsi Alberardo Alamanno e maestro
Omobono, due lodigiani che trovavansi in quella città per affari di quel vescovo
Ermanno, ed implorarono da lui giustizia pei loro concittadini contro i
Milanesi. E che si volgessero per ajuto al maggior nemico dei Milanesi, benché
pur fosse accanito avversario delle comunali franchigie, apparirà naturalissimo
in quelle circostanze, tanto più quando si consideri che di que’ tempi l’amor
di patria troppo di rado oltrepassava le mura della propria terra natale. Essi
dunque, come narra il nostro cronista (5), con la croce sulle spalle ed una fune
al collo, scongiurarono l’imperatore che almeno imponesse ai Milanesi di restituire
ai loro concittadini il mercato nel Juogo di prima. I due avevano agito di loro
spontaneo impulso, non per mandato dei Lodigiani; anzi i magistrati di Lodi,
risaputa ch’ebbero tal cosa nell’adunata della Credenza (6), temendo le conse-(1)
I borghi si ritiene da tutti gli storici fossero sei; ma non è concorde l’opinione sulla denominazione
dei medesimi. Il Piacentino (fuori della porta omonima) era per certo il più esteso ed importante,
e conteneva la chiesa di S. Bassiano. Denominavasi Carrea quello posto fuori di porta
Monzasca, colla cattedrale e la residenza del vescovo. Gli altri quattro traevano il nome dalle virine
porte di S. Naborre e Felice, S. Sepolcro, Milanese e Pavese.
(2) Vignati, Lodi e il sv.o territorio, p. 23; Morena (nei Monumenta Germaniae historica, edit,
dal Pertz, voi. XVIII, da questo punto principal nostra guida, quantunque non sempre sicura, per
questi avvenimenti), ad an.
(3) Muratori (Scriptores), Anonymi Novocom.
(4) Pisano, op. cit, p. 131 e seg.
(5) Ottone Morena, ad an.
(6)£_Consiglio ristretto, formato delle persone più distinte per dottrina, che doveva ajutare r
consoli nelle più gravi questioni (Giulini, op. cit. lib. 39).