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APPENDICE I


TITO DA LODI, DETTO IL FANFULLA.

Fu costui un’individualità veramente singolare, tipo di quei prodi uomini d’arme dei secoli XV e XVI, che pur vendendo il loro valore ora a questo, ora a quel potentato, mantenevano in core altissimi sensi d’onore e d’affetto al nome italiano; un di coloro (e pur troppo non furon molti) che di mezzo agli orrori di quelle guerre, combattute per odii ed interessi stranieri, eppure a noi peggiori delle civili, diedero prove d’animo mite e generoso, quale di que’ tempi assai difficilmente riscontriamo fra i combattenti di altre nazioni. Di sua vita poco o nulla ne tramandarono gli scrittori, e in onta alla Disfida di Barletta ed alle parole del Guicciardini fi) il suo nome sarebbe andato confuso con quello di tanti altri operatori di meravigliosi atti di valore, qualora Massimo d’Azeglio non lo avesse immortalato ne’ suoi romanzi. Di lui non sappiamo precisamente il casato (che di que’ tempi non aveva grande importanza); ma tutto che di lui si racconta lo indica popolano; ne salì mai ad alti gradi militari, quantunque pochi l’eguagliassero in valore, e certamente godesse della pubblica estimazione se fu fra i tredici cavalieri scelti a sostenere l’onore italiano. Dotato di sano criterio, pare non avesse guari studi; ma un profondo sentimento della propria dignità lo salvasse sempre da atti men che onesti. Buon compagnone e amico d’allegria, dispregiatore di qualsiasi pericolo, fu perciò detto il Fanfulla, e con questo nome le storie ne tramandarono la sua memoria. Di corpo ci vien descritto alto, membruto, di cera aperta e marziale, fronte alta, carnagione bruna, naso retto, occhio espressivo, capelli castagni ricciolati, fattezze insomma tutt’altro che volgari. Da giovane fu al soldo della repubblica fiorentina; ma stizzitosi col suo capitano Vitelli nell’assedio di Pisa, perchè aveva fatto suonare a raccolta quand’egli già s’era portato sovra uno degli spalti, mutò bandiera. Durante le guerre fra Aragonesi (Spagnuoli) e Francesi nel regno di Napoli, fu coi primi sotto le insegne di Fabrizio Colonna, sendo quelli generalmente considerati quasi rappresentanti delle antiche dinastie normanna e sveva, ed in certo modo pure dell’italica nazionalità conculcata dai Francesi. Dal Colonna fu reputato fra’ migliori suoi guerrieri; sicché lo scelse uno dei primi fra i tredici che dovevano sostenere l’offeso nome italiano contro l’insolente boria dei Francesi nella famosa Disfida (1) Lo nominò fra i pochi «degni sempre che ogni Italiano procuri quanto è in sé che i nomi loro trapassino alla posterità, mediante Tinstromento delle lettere». Storia d’Italia, lib. V, e. V. 19