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alle gole, donde erano usciti. Ma noi l’inseguimmo, ed a passo di carica e colla baionetta in canna, e impadronimmo del centro della posizione.

I giorni seguenti furono impiegati ai preparativi della premeditata occupazione di Medeah, poi ci disponemmo a varcar l’Atlante. Il colle di Mouzaja era stato fortificato da Abd-el-Kader, e l’emir l’occupava colla sua numerosa cavalleria ed infanteria.

Il 12 maggio, alle tre del mattino, si diede il segnale dell’attacco, e le colonne francesi si misero a correre pella montagna erta e scoscesa. Una nebbia foltissima inviluppava la montagna, e nascondeva ai nemici la nostra marcia ardita. Le trombe annunziarono che l’avanguardia avea investito un mammelone. Il generale ordinò al resto dell’armata di mettersi in movimento. Un momento dopo, il sole, dissipando le nuvole, versava a torrenti la sua luce nelle gole di Mouzaja. Lunghesso le creste si distinguevano gli abiti dei nemici, che, col dito sul grilletto e coll’occhio teso, s’apparecchiavano a gittare i Francesi nel burrone. Noi ci arrampicammo agli arbusti, che si trovavano su quel pendio, e giungemmo finalmente in faccia dei fortini. Quivi accolti da un fuoco vivo, fummo per un istante indecisi; ma alla voce del capo, i tamburini batterono la carica, le file si strinsero, ed al grido di: Viva la Francia! le tre colonne d’assalto arrivarono quasi simultaneamente, ed inalberarono lo stendardo nazionale sulla cima dell’Atlante. La nostra impresa fu così coronata d’un pieno successo, poichè il nemico, sconfitto, non potè contenderci l’ingresso di Medeah.

Questa città è un’antica fortezza fabbricata dai Romani. Il suo aspetto è tristo come quello di tutte le città d’Africa.

Dopo aver lasciato parte dell’armata in Medeah, il