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LO ZUAVO




Verso il tramonto d’un bel giorno di settembre del 1846, in un villaggio della Fiandra francese, in una piccola riunione di amici che attento prestavano l’orecchio, Francesco, giunto appena dalla città, vestito ancora della sua divisa, abbellito dalla stella del coraggio, incominciò così a ragionare al suo uditorio, di quella terra d’Africa, illustrata da tanti fatti d’armi.

Onde conservare alla narrazione tutta la sua naturalezza, lascierò parlare Francesco lo Zuavo:

«La coscrizione mi colpì nel 1839, sett’anni or sono. Sul bel principio dovetti fare trentatre tappe, da Bavay ad Aix in Provenza, poichè si è in questa città ch’io dovea raggiungere il mio battaglione allora in Algeria. Traversai la Francia dall’una all’altra estremità. Imparai facilmente l’esercizio delle armi, e tre mesi dopo sbarcai in Algeri. L’aspetto della metropoli dell’Algeria è veramente fatto per abbagliare un povero campagnuolo, abituato alla vista delle monotone pianure del nostro nebbioso paese. Questa città, dalle bianche case disposte a guisa d’anfiteatro sulle spiaggie del mare, è circondata da una lunga giogaia d’altissimi monti; poi, altri monti di colore azzurro più discosti, formano la cornice di questo quadro magnifico e sublime.