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come provvisione una parte della loro magra pietanza del giorno, mi posi in viaggio. Non fu certo senza aver domandato l’assistenza di Colui da cui viene la liberazione. Quelli che rimanevano, s’unirono alla mia preghiera in un’intima comunione. Finalmente li lasciai.
«Erano circa le cinque. Il mese di luglio stava per finire, ed il caldo era eccessivo. Risolsi di tenermi nascosto il giorno, e di camminare la notte, onde evitare i raggi cocenti del sole, e le persecuzioni degli Arabi. M’incamminai dunque verso la selva ove solevamo cercar la legna, ed aspettai la notte.
«Allora, senza conoscere la direzione ch’io seguiva, camminai fino al mattino. Allo spuntar del giorno, vedendomi solo in una piccoola pianura deserta, limitata da ogni parte dalle montagne coperte della più ricca vegetazione, riconobbi ov’era, e continuai il mio cammino verso il norte ponente, onde avvicinarmi alla frontiera del Marocco e raggiunger le terre spagnuole.
«Camminai così per tre notti, riposandomi e nascondendomi durante il giorno. Le campagne che attraversai erano fertilissime. I lentischi, i palmizi e molti altri arboscelli crescono naturalmente in quella contrada, e potei così trovare un ricovero ed anche la mia sussistenza, che si componeva d’un frutto, il cui colore era simile alla nespola, e rinchiudeva un nocciolo. Mangiava pure il cuore della radice del palmizio, quando m’era dato di poterlo estrarre. Ma, quantunque tormentato dalla sete, io era meno a compiangere di quello che stando fra gli Arabi, ed aveva innanzi a me la speranza, che mi sosteneva, e che mi faceva scordare le lunghe sofferenze d’una prigionia di sedici mesi. Dio mi fortificò, e lo ringraziava, pregandolo di non lasciarmi mai obbliare ch’Ei m’avea sostenuto nelle tribolazioni, e d’accordarmi la