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decimo cantare 363

17.
Così le fa ingoiar tanto di micca1
D’una colla tenace di tal sorte,
Che dove per fortuna ella si ficca
Al mondo non è presa2 la più forte:
Questa, dic’egli l’anima t’appicca
Ben ben col corpo, e s’altro non è morte
Ch’una separazion di questi duoi,
Oggi timor non hai de’ fatti suoi.
18.
Quando la maga vede un tal presente
C’ha in sè tanta virtù, tanto valore,
Da morte a vita rïaver si sente,
Si ringalluzza e fa tanto di cuore;
E dove sarebb’ita un po’ a rilente
Nel far con Calagrillo il bell’umore,
Or c’ha la barca assicurata in porto,
Per sette volte almanco lo vuol morto.
19.
Le stelle omai si son ite a riporre,
Han prese l’ombre già tacita fuga,
E già dell’aria i campi azzurri scorre
Quel che i bucati in su i terrazzi asciuga;
Perciò fatta al ronzin la sella porre,
Vi monta sopra e poi lo zomba e fruga,
Perch’adesso ch’egli ha rotto il digiuno,
Camminerebbe piú in tre dì che in uno.

  1. St. 17. Micca. Minestra, broda. (Nota transclusa da pagina 422)
  2. Presa è sostantivo. (Nota transclusa da pagina 422)