50. Così non la saldò1 già Martinazza;
La qual non vi trovando anch’ella attacco,
Poichè gran tempo andata ne fu pazza.
Avendo il terzo e quarto e ognuno stracco2,
Condurre un giorno fecelo alla mazza3;
E per via d’un che le teneva il sacco4,
Avvezzo a tosar pecore ed agnelli,
Mentr’ei dormiva, gli tagliò i capelli. 51. Quei capelli, ch’un tempo avea chiamati
Del suo fascio mortal funi e ritorte,
Le bionde chiome, o Dio! quei crini aurati,
Che ricoprivan tante piazze morte5;
Onde6 scoperti furo i trincerati,
Ove il nimico si facea sì forte;
Perchè, per quanto un autore accenna,
Lo rimondaron fino alla cotenna. 52. E così Martinazza ebbe il suo fine,
Volendo vendicarsi per tal via;
Perocchè buona parte di quel crine.
Ch’alcun non se n’avvedde, leppò via;
E fabbriconne al Tura le rovine,
Con una potentissima malía,
Che registrata in Dite al protocollo
In un lupo rapace trasformollo.
↑St. 50 Non la saldò. Non la finì con lui. (Nota transclusa da pagina 361)
↑Straccare il terzo e il quarto. Pregare con grande insistenza questo e quello perchè ci renda un servigio. (Nota transclusa da pagina 361)
↑Alla mazza. Alla sua rovina in un agguato. (Nota transclusa da pagina 361)
↑Tenere il sacco. Esser complice. (Nota transclusa da pagina 361)
↑St. 51. Piazze morte. Qui, Cicatrici e margini senza capelli. (Nota transclusa da pagina 361)
↑Onde. Per la qual tosatura si scopersero quei luoghi trincerati quelle margini alle quali rodevan si bene gl’insetti. (Nota transclusa da pagina 361)