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settimo cantare 265

68.
Ed ei ch’è in sulle furie, non vi bada,
Chè insin ch’ei non si sfoga non ha posa.
Sta intanto il vecchio all’uscio fermo in strada
Ad origliare per udir qualcosa;
E sente dire: o leccapeverada1,
Carne stantia, barba piattolosa,
Ribaldo, santinfizza2 e gabbadei,
Ch’a quel d’altri pon cinque e levi sei!3
69.
Guardate qui la gatta di Masino4
Che riprendeva il vizio ed il peccato,
Se il monello5 ha le man fatte a oncino,
Per gire a sgraffignar poi vicinato!
Ma quel c’hai tolto a me, ladro assassino,
Non dubitar, ti costerà salato;
Chè tante volte al pozzo va la secchia,
Ch’ella vi lascia il manico o l’orecchia.
70.
Poi sente ch’egli, dopo una gran bibbia
D’ingiurie dà nel sacco una percossa
Che tutte le stoviglie spezza e tribbia,
E ch’ei diceva: orsù, gli ho rotto l’ossa;
E che di nuovo un’altra ne raffíbbia,
E che, facendo il via la terra rossa,
Soggiunge: oh quanto sangue ha nelle vene!
Questo ghiottone a me6, beeva bene!

  1. St. 68. Peverada. Brodo. Leccabrode, Porco. (Nota transclusa da pagina 327)
  2. Santinfizza Gabbadei, Ipocrita. (Nota transclusa da pagina 327)
  3. Che nella roba altrui poni cinque (dita), e ritiri la mano con sei (cose); le 5 dita e la cosa rubata che fan 6. (Nota transclusa da pagina 327)
  4. St. 69. La gatta di masino fingeva d’esser morta. (Nota transclusa da pagina 327)
  5. Se il monello. Sottintendi guardate se ecc. (Nota transclusa da pagina 327)
  6. St. 70. A me. Secondo me. (Nota transclusa da pagina 327)