68. Ed ei ch’è in sulle furie, non vi bada,
Chè insin ch’ei non si sfoga non ha posa.
Sta intanto il vecchio all’uscio fermo in strada
Ad origliare per udir qualcosa;
E sente dire: o leccapeverada1,
Carne stantia, barba piattolosa,
Ribaldo, santinfizza2 e gabbadei,
Ch’a quel d’altri pon cinque e levi sei!3 69. Guardate qui la gatta di Masino4
Che riprendeva il vizio ed il peccato,
Se il monello5 ha le man fatte a oncino,
Per gire a sgraffignar poi vicinato!
Ma quel c’hai tolto a me, ladro assassino,
Non dubitar, ti costerà salato;
Chè tante volte al pozzo va la secchia,
Ch’ella vi lascia il manico o l’orecchia. 70. Poi sente ch’egli, dopo una gran bibbia
D’ingiurie dà nel sacco una percossa
Che tutte le stoviglie spezza e tribbia,
E ch’ei diceva: orsù, gli ho rotto l’ossa;
E che di nuovo un’altra ne raffíbbia,
E che, facendo il via la terra rossa,
Soggiunge: oh quanto sangue ha nelle vene!
Questo ghiottone a me6, beeva bene!
↑St. 68. Peverada. Brodo. Leccabrode, Porco. (Nota transclusa da pagina 327)
↑Santinfizza Gabbadei, Ipocrita. (Nota transclusa da pagina 327)
↑Che nella roba altrui poni cinque (dita), e ritiri la mano con sei (cose); le 5 dita e la cosa rubata che fan 6. (Nota transclusa da pagina 327)
↑St. 69. La gatta di masinofingeva d’esser morta. (Nota transclusa da pagina 327)
↑Se il monello. Sottintendi guardate se ecc. (Nota transclusa da pagina 327)
↑St. 70. A me. Secondo me. (Nota transclusa da pagina 327)