23. E vede all’ombra di salcigne, frasche,
Fra le più brave musiche acquaiuole1,
Parte di loro al suon di bergamasche2,
Quinte e seste tagliar le capriuole.
Chi tien che queste ninfe sien le lasche,
Chi le sirene ed altri le cazzuole3.
Io non so chi di lor dia più nel buono,
E le lascio nel grado ch’elle sono. 24. Ognun si tenga pure il suo parere;
O quelle o altre, a me non fa farina4.
Bastivi per adesso di sapere
Che queste non son bestie da dozzina;
E s’ella non m’è stata data a bere,
Elle son Fate c’han virtù divina;
E che sia il vero, fede ve ne faccia
Il Garani scampato dalla stiaccia. 25. Il quale così molle e sbraculato5
Il cadavero par di mona Checca6,
Ch’essendo stato allor disotterrato,
Abbia fatto alla morte una cilecca7.
Si scuote e trema sì, ch’io ho stoppato8
Per San Giovanni9 il carro della Zecca;
E mentr’ei si dibatte e il capo scrolla,
Il pavimento e i circostanti ammolla.
↑St. 23. Musiche acquaiuole. Ranocchie. (Nota transclusa da pagina 323)
↑Bergamasca. Un certo ballo. (Nota transclusa da pagina 323)
↑Cazzuole. Animaletti neri del genere de’ batraciani. (Nota transclusa da pagina 323)
↑St. 24. Non fa farina. Non m’importa e non mi frutta nulla. (Nota transclusa da pagina 323)
↑St. 25. Sbraculato. Senza brache o calzoni. (Nota transclusa da pagina 323)
↑Mona Checca chiamavano i fanciulli fiorentini uno scheletro rivestito, che solevasi esporre nei sotterranei della Basilica di San Lorenzo, il 2 novembre. (Nota transclusa da pagina 323)
↑ — Cilecca, Celia, burla. (Nota transclusa da pagina 324)
↑Per san Giovanni. Il giorno di San Giovanni, patrono di Firenze, soleva il magistrato della zecca mandare in offerta un gran carro in forma piramidale, assai alto (e però facile a scuotersi e tremare), con in cima un uomo legato a un palo, che rappresentava il Santo. Dice il Biscioni che questa usanza fu abolita perchè, fra le altre indecenze, la plebe soleva dire a quel figuro che era stato legato al palo, san Giovanni birbone. (Nota transclusa da pagina 324)