17. Poichè dal cibo e da quel vin che smaglia
Si sente tutto quanto ingazzullito,
Risolve ritornare alla battaglia,
Donde innocentemente s’è partito
Chè scusa non gli pare aver che vaglia
Che non gli sia a viltade attribuito.
Così ribeve un colpettino, e incambio
D’andare a letto, s’arma e piglia l’ambio. 18. Senza lume nè luce via spulezza1,
E corre al buio, che nè anche il vento:
Non ha paura mica della brezza,
Perch’egli ha in corpo chi lavora drento;
Per la mota sibben si scandolezza,
Chè, dando il cul in terra ogni momento,
Quanto più casca e nella memma pesca,
Tanto più sente ch’ell’è molle e fresca. 19. Dopoch’ei fu cascato e ricascato,
Per non sentir quel molle e fresco ancora,
Chè ’l vino, e quanto dianzi avea ingubbiato,
Opra di dentro sì ma non di fuora,
Giunto al mulin, dal mezz’in giù sbracciato
Si sciaguatta2 i calzoni in quella gora,
Per dopo nella casa di quel loco
Farsegli tutti rasciugare al foco.
↑St. 18. Spulezza. Va via in furia. (Nota transclusa da pagina 323)
↑St. 19. Sciaguattare. Frequentat. di sciacquare. (Nota transclusa da pagina 323)