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settimo cantare 245

8.
All’oste se ne va per la più corta,
E l’uova, il pane, e ’l cacio, e ’l vin procaccia
E fatto un guazzabuglio nella sporta,
Le quattro lire slazzera1 e si spaccia.
L’altro l’aspetta a gloria, e in sulla porta,
Per veder s’egli arriva, ognor s’affaccia;
E per anticipare, il fuoco accende,
Lava i bicchieri e fa l’altre faccende.
9.
Perch’egli è tardi ed ha voglia di cena,
Poích’ogni cosa ha bell’e preparato,
Si strugge e si consuma per la pena,
Che lì non torna il messo nè il mandato;
Ma quand’ei vedde colla sporta piena
Giunger al fine il suo gatto frugato2.
Oh ringraziato, dice, sia Minosse,
Ch’una volta le furon buone3 mosse.
10.
Chiappa le robe, e mentre ch’ei balocca
In cuocer l’uova, e il cacio ch’è stupendo,
Sente venirsi l’acquolina in bocca,
E far la gola come un saliscendo.
Sbocconcellando intanto, il fiasco sbocca,
E con due man alzatolo, bevendo,
Dice al villan, che nominato è Meo
Orsù ti fo briccone4, addio, io beo.

  1. St. 8. Slazzera. Cava fuori e paga; dal Lazzare, veni foras. (Nota transclusa da pagina 322)
  2. St. 9. Gatto Frugato. Uomo accorto. (Nota transclusa da pagina 322)
  3. Le furon buone mosse dicesi quando i barberi del palio vengono davvero, dopo che molte volte si è sentito invano gridar dalla gente: Eccoli! Eccoli! (Nota transclusa da pagina 322)
  4. St. 10. Briccone. Brindisi. (Nota transclusa da pagina 322)