2. Se il troppo vino fa che l’uom soggiace
A tal error di tanto pregiudizio,
Chi non ne beve, e quello a cui non piace
A questo conto dunque ha un gran giudizio;
Anzichè no1, sia detto con sua pace,
Perch’ogni estremo finalmente è vizio;
E se di biasmo è degno l’uno e l’altro,
Questo2 ha il vantaggio, al mio parer, senz’altro. 3. Perchè se quel s’ammazza e non c’invecchia
Ed è burlato il tempo di sua vita,
Almen sente il sapor di quei ch’ei pecchia3,
E tien la faccia rossa e colorita.
Burlar anche si fa chi va alla secchia,
E insacca senza gusto acqua scipita,
Che lo tien sempre bolso e in man del fisico,
Il qual l’aiuta a far morir di tisico. 4. Però sia chi si vuole, egli è un dappoco
Chi ’mbotta al pozzo come gli animali;
S’avvezzi a ber del vino appoco appoco,
Ch’ei sa, che l’acqua fa marcire i pali;
Ma, com’io dico, si vuol berne poco:
Basta ogni volta cinque o sei boccali:
Perch’egli è poi nocivo il trincar tanto,
Com’udirete adesso in questo Canto.
↑St. 2. Anzichè no. Pare che sia usato in senso di Ma, anzi no. (Nota transclusa da pagina 321)
↑Questi. L’astemio ha l’utilità dello star sempre in cervello, ma non altro; ma non sente nessun piacere. (Nota transclusa da pagina 322)
↑St. 3. Pecchia. Succia, come pecchia. (Nota transclusa da pagina 322)